Lo sviluppo dei Centri olistico/spirituali che propongono attività relativamente ad una ricerca interiore per uno sviluppo della propria persona, sta avendo un sensibile rilievo nel contesto di un ambito in cui si avverte la necessità di indagare il Sé come ampliamento e miglioramento di un “Io” a volte stressato, egocentrico, narcisista, iperproduttivo e troppo materiale, desidera, vuole senza se e senza ma.
Il Centro Mosaica
Il centro culturale Mosaica è uno dei centri che presenta un piano di eventi, che intorno a questa cultura della “persona”, è estremamente variegato e improntato a dare spunti e stimoli alla maggior parte dei profili di personalità che possano avvicinarsi a questo mondo.
In molti centri olistici e scuole/centri di formazione come questa si afferma sempre di più che siamo ad un punto di svolta, al centro di un nuovo paradigma in cui una parte sempre più considerevole di persone sembra orientarsi a questo bisogno, che sta affiancandosi ad altri bisogni essenziali al fine di amare di più se stessi e gli altri per tendere ad un benessere allargato e non solo personale che comprende la vita sociale, culturale e anche professionale in molti dei loro aspetti.
La ricerca della consapevolezza
La ricerca di tale consapevolezza (saper di sapere e saper di essere nel qui e nell’ora) si affida a diverse tecniche e metodi nonché ovviamente a dimensioni meditative che pur nella loro diversità mirano a “obiettivi” similari.
Nel procedere in questi percorsi non è sempre facile dare continuità e non è, altresì, difficile che ci si senta invadere da un sentimento di sfiducia, scoraggiamento o anche di auto-svalutazione che prendono la forma di voci o pensieri negativi, i quali spingono spesso a fuggire.
È legittimo che questo accada, perché riguarda un primo naturale stadio del cammino interiore. Per far fronte a queste ondate di sfiducia e di scoramento, una delle cose che si possono fare è prenderci cura di questi sentimenti e di queste emozioni negative.
Lasciarle entrare e viverle dentro il corpo sentendone origine, consistenza e materialità. Vedere quel che c’è e stare in osservazione di queste sensazioni tangibili, senza l’urgenza di arrivare ad un quid, è già un traguardo eccellente e segnala che ci stiamo prendendo cura di noi stessi e quindi degli altri affrontando le difficoltà del caso.
Star bene con se stessi è il primo passo per star bene con gli altri e stare da soli e in osservazione di noi stessi è una cosa che facciamo raramente e alla quale non siamo assolutamente abituati.
Viene da sé che non possiamo metterci in cammino verso un ritorno a noi stessi se siamo accompagnati continuamente da certe voci negative e sfiduciate. Cosa fare se in noi c’è molta sfiducia?
Un nuovo paradigma della coscienza e della personalità
La cosa che inizialmente possiamo riproporci è di avere un atteggiamento totalmente differente da quello abituale, in modo da smontare le nostre abituali identificazioni.
Quindi, se sentiamo sfiducia, smettiamo di respingerla o di cercare di mandarla via, ma al contrario proviamo ad accoglierla, a “comprenderla”.
Tutto ciò che ci accadrà allora diventerà accettazione del nostro “essere” e ci metterà al riparo da meccanismi che possano lasciar troppo spazio al nostro implacabile “giudice interiore” spesso troppo severo con noi stessi.
Alla fine la persona che più abbiamo trattato male nella vita risulta essere la propria che spesso non viene ascoltata nel corpo e in quello che il corpo spesso ci vuol far sentire poiché è in stretta e continua connessione con la coscienza.
Il problema è che non ne siamo consapevoli perché, invece di sentirci ed essere un’unità di coscienza, un tutto costituito da parti fortemente connesse, ci sentiamo frammentati e scollati dall’olos.
Chi c’è dentro di te?
Nel lavoro interiore è importante riconoscere che non siamo fatti solo di cose belle, ma anche di zone d’ombra.
Il “Who is in?” il “chi c’è dentro di te”, ad esempio, è un Koan (una domanda continua) che, se ripetuto e frequentato con assiduità ci mette in forte contatto con noi stessi e con una verità incontrovertibile: “ciò che non cambia mai è che tutto cambia in continuazione” dentro di me.
Assumere questa condizione di accoglienza nei confronti di “ciò che c’è” e di ciò che arriva a livello fisico, mentale, sensoriale, metafisico, è già un primo passo per centrare se stessi restando in ascolto.
J.P. Sartre asseriva “l’uomo è condannato ad essere libero”, e quando si sente in questa condizione gli è inevitabile indagare sé stesso e chiedersi, fare domande a sé stesso e alla sua anima.
Pessoa in una sua poesia si domanda se la voce interiore che ci chiede se tutto questo ricercare valga la pena, risponde: “Sì”, “vale la pena”, “vale la pena se l’anima non è piccola” e ha desiderio di ingrandirsi.
In questo vi è una ricerca di “verità”, una verità anche molto scomoda o bella che sia, ma necessaria perché segna un viaggio di ritorno a noi stessi proprio quando a volte ci stiamo perdendo.
Succede allora che attraverso un nuovo “respiro” recuperiamo il senso di un’ integrità che rappresenta un passo sensibile verso quell’anima del Sé che inonda continuamente il rapporto fra ogni cellula “informata” del nostro corpo e l’esterno, in uno spirito adattivo continuo che talora ci segnala con un blocco fisico o emotivo che qualcosa non va scompensando la risposta immunitaria o l’attività di certi ormoni in un empasse psicosomatico che necessita cura e attenzione al “tutto” in cui siamo compresi.
Tutto ciò è già toccare la propria anima e lasciarcene invadere.
Fabrizio Buccianti